Allora, sappiate che leggere La peste in lockdown è una pessima idea.
Trama
Orano è colpita da un’epidemia inesorabile e tremenda.
Isolata, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da laboratorio per le passioni di un’umanità al limite tra disgregazione e solidarietà.
La fede religiosa, l’edonismo di chi non crede alle astrazioni né è capace di “essere felice da solo”, il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l’indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l’egoismo gretto gli alleati del morbo.
Recensione
Basta andare su Amazon e leggere la trama, e questo dice: “La peste è un romanzo attuale e vivo, una metafora in cui il presente continua a riconoscersi.”
Caro Amazon, non sai quanta ragione avevi!
Ma partiamo dall’inizio.
Il romanzo è scritto in gergo corale. Non c’è un solo protagonista, ma è Orano la protagonista con tutti i suoi abitanti (di sempre o occasionali, rimasti chiusi nelle mura della quarantena).
Lo stile lineare e narrativo è scorrevole e consente una lettura veloce.
Se non che io l’ho letto nel primo lockdown e non credo di essere riuscita a apprezzarlo del tutto.
Sembrava non ci fosse una pausa tra il telegiornale e il romanzo, anzi, che questi fossero in combutta contro me.
Ricordo bene (come tutti, tanto fu l’impatto mediatico) il giorno in cui i mezzi militari sfilarono con le bare di Bergamo, giorno in cui lessi un passo del libro in cui si narra di vagoni di treni carichi di bare e di parenti che si affacciavano sulle mura della città per lanciare gli ultimi fiori.
o ancora, di sepolture notturne per evitare le cerimonie e gli assembramenti
“Fu deciso di seppellirli di notte, il che dispensava da certi riguardi. Si poterono ammassare molti più corpi nelle ambulanze. Accadeva talora di imbattersi in lunghe ambulanze bianche che sfrecciavano.”
Insomma, attualissimo.
“Sembrava che i nostri concittadini avessero difficoltà a capire ciò che stava accadendo loro. Quasi tutti erano in primo luogo sensibili a ciò che interferiva con le loro abitudini o toccava i loro interessi. Nel complesso non erano spaventati, si scambiavano più battute che lamentele.”
Ma a ben vedere, sotto questa cortina di parallelismo, c’è di più.
C’è un profondo scontro tra religione e scienza e analisi dell’uomo, incapace (a questo punto l’esperienza ci fa dire di ogni epoca) di ammetare la propria fragilità dinanzi a ciò che possiamo chiamare caso, punizione divina o natura.
Se non l’avete letto, fatelo. Magari tra un paio d’anni.