Intervista a Natascia Hellion Luchetti

Ciao Natascia, benvenuta! E grazie di aver accettato l’intervista.

Il tuo libro, che a me è piaciuto molto, ha generato un ampio dibattito sulla figura del vampiro, chiamando in causa non solo Stoker, ma anche pilastri cinematografici come il Dracula di Coppola e Nosferatu di Herzog.

Per cui la prima cosa che vorrei chiederti è di descriverci il tuo Dracula. Quali sono i suoi travagli interiori e come si è evoluto rispetto ai Dracula precedenti?

Quando ho iniziato a scrivere questo libro, avevo una chiara idea in mente: creare un seguito al film di Francis Ford Coppola. Ho sempre guardato quella pellicola con ammirazione ed è stata il primo contatto con la figura del celeberrimo vampiro. Ho letto poi Stoker e vari libri dedicati a questa figura, e nel corso degli anni nella mia mente si è configurata una precisa immagine di questo personaggio che è sospeso tra la doppia natura di uomo e mostro, poiché egli non è altro che un uomo che pretende di vivere in un passato perduto e utilizza tutti i metodi per realizzare questo suo sogno. Se il Dracula di Stoker era un demone che come unico scopo aveva quello di avvelenare l’umanità con la maledizione del suo sangue, il mio è un uomo innamorato, deluso e consunto dall’odio verso un Dio che, secondo le sue convinzioni, gli ha strappato tutto ciò che amava: sua moglie, la famiglia e la sua terra. Amando moltissimo la figura storica di Vlad III ho voluto fare riferimento al suo attaccamento per la terra natia e il dolore per non averla potuta proteggere. Ho tentato di rivalutare i lati positivi di questa figura storica che nell’Occidente europeo non viene quasi mai presa in considerazione. Il Dracula condottiero, grande stratega, rivoluzionario nobile che sconvolse l’aristocrazia granitica che aveva portato la Valacchia alla rovina è spesso taciuto. Forse perché la Storia è stata scritta dai vincitori, gli stessi che temevano il sollevarsi di un altro pericoloso rivoluzionario come l’Impalatore. Gli aneddoti più diffusi e spesso fallaci ci sono stati riportati dai racconti dei suoi acerrimi nemici, come i Sassoni e gli Ungheresi per esempio. La realtà è molto diversa dalle calunnie e ho voluto farlo presente, sebbene la mia sia un’opera di fantasia.
Infine, io e Stoker abbiamo due concetti molto differenti di “mostro”. Se lui concepisce una creatura malefica, priva di qualsiasi morale, assetata di sangue e bruciante di brama di distruzione, io do vita a un vampiro che considera la sua come la più atroce delle dannazioni, un uomo sconfitto e rancoroso, che agisce contro il creato per sfogare la sua disperazione, per far sentire agli ignari il dolore che prova. Il mio Dracula prova amore, ha un codice d’onore degno di un cavaliere. Non è un comune vampiro che mira alla sola autoconservazione. Egli è tenace e in fondo all’anima maledetta nutre ancora speranza. Con questo non dico che sia una creatura positiva: il mio Vlad uccide senza provare esitazione o rimorso, non esita a calpestare la vita di chi gli si oppone che sia buono o malvagio, ma non è soltanto oscurità. Egli è luce e ombra come qualsiasi essere umano.

Da ciò che ho letto nelle tue note d’autore, sei riuscita a portare tutta la tua famiglia nella terra di Dracula. Ti va di parlarci della tua esperienza? Come è stato trovarsi nei luoghi che sono la casa del mito di Dracula?

Sono appassionata della figura storica e letteraria di Vlad in egual misura, un po’ come mia madre e mio fratello, così, dopo aver convinto anche mio padre e salvato qualche soldo, abbiamo guidato per ventinove ore consecutive fino alla splendida Transilvania. È stato come essere al posto di Jonathan Harker che abbandonava l’Occidente per un Oriente più selvaggio, sospeso nel Medioevo. Il fascino di quella terra è che la differenza netta c’è ancora. È suggestivo vedere le rocche in rovina sulla cresta delle montagne consunte, circondate dai boschi. Camminare per Sighisoara, città natale di Vlad, è come catapultarsi a seicento anni fa, visto che il borgo è praticamente intatto. Vedere i resti della Curtea Dumneasca di Tirgoviste è emozionante, come salire sulla torre Chindia, fatta costruire da Vlad in persona. La gente del luogo lo ricorda come deve essere ricordato: un uomo così fiero e coraggioso che ha combattuto contro poteri più grandi di lui, difendendo la popolazione oppressa anche se con il pugno di ferro. Un uomo di immensa grandezza, ancora amato e incredibilmente preso come esempio. Ho camminato nei luoghi in cui è vissuto e ho studiato la sua figura sul campo, guardando alla vera storia di un paese meraviglioso. Quello che posso consigliare a chiunque visiti la Transilvania è di non soffermarsi troppo sul castello di Bran, che per quanto bello all’esterno, conserva ben poco del fascino medievale che potete trovare a Sighisoara, Tirgoviste o Rasnov. Il vero Dracula non è dove vogliono farvelo vedere.

Da questo intuisco che la tua famiglia ti è di grande supporto, ma chi ti è stato più vicino durante la composizione di questo libro?

Ogni volta che scrivo un libro, il primo a leggerlo è sempre mio fratello. Manolo è sempre stato il mio migliore confidente. È il primo giudice del mio lavoro e subito dopo segue mia madre. Lei mi ha trasmesso la fissa per Dracula e posso soltanto ringraziarla. Mio padre invece è il supporto motivazionale, quello che mi ha presa a testate pur di non farmi mollare. Ho una famiglia stupenda, sì. Molto compatta e unita. È una meravigliosa benedizione.

Nel tuo libro i lettori incontrano i discendenti dei personaggi di Stoker, in particolar modo ho trovato interessanti Harker e la giovane Holmwood Godalming. Il primo sembra ossessionato dal passato e la seconda vuole quasi disfarsene e vivere la sua vita. Come hai costruito questi personaggi e quanto ti sei ispirata alle opere precedenti?

Vincent William Harker incarna tutto il mio astio verso la figura di Jonathan. Lo so, non è giustificabile odiare così tanto un personaggio positivo, ma essendo sostenitrice incrollabile di Dracula non ho mai sopportato il fatto che lui prenda ciò che non gli spetta, ossia Mina. Vincent è un malvagio, ossessionato dal passato e questo è, per assurdo, un punto in comune con Dracula. Entrambi non riescono a vedere il futuro, benché Vincent viva per realizzarne uno decisamente surreale, la sua cattiveria è figlia della frustrazione che proviene dal fallimento di Jonathan nel conquistare il cuore di Mina. Se Dracula è l’amore che sopravvive in eterno, Vincent rappresenta il potere devastante dell’odio che non muore mai. Eppure anche lui ha dei lati positivi, sebbene sepolti nel profondo. Nella mia filosofia, non esiste nessuna ombra priva di luce e viceversa.

Mercy ha una storia diversa. Avevo pensato di inserire una donna tra i discendenti dei nemici di Dracula, ma non pensavo di darle così tanto spessore. Anzi, all’inizio doveva essere un pretesto per legare Noah a tutta la vicenda, ma poi mi è sfuggita di mano e si è creata uno spazio importantissimo. Mercy è la libertà, il futuro e la cesura col passato, con le superstizioni e con il modo rigido di distinguere il bene dal male che è stato tramandato intatto dall’epoca vittoriana ai giorni d’oggi da anacronismi viventi come Darren Van Helsing e Arthur III Holmwood Godalming, padre della stessa Mercy.

Yrden è molto diversa da Mina, più decisa, combattiva, insomma una ragazza dei giorni nostri in tutto e per tutto. Potremmo dire che con lei non ha nulla in comune se non lo stesso Dracula. Credi che lei sia una compagna più adatta al signore delle tenebre?

La vera differenza tra Yrden e Mina è proprio l’epoca di appartenenza. Ognuno di noi è figlio della sua epoca, lo vediamo anche nelle differenze generazionali. Mina era proprio plasmata dalla cultura vittoriana che voleva una donna sottomessa alle decisioni degli uomini, il cui unico scopo fosse trovare un buon partito e vivere la vita secondo lo schema del ben sembrare, di una società basata sull’apparenza. Tuttavia la Mina di Coppola, quella alla quale mi sono ispirata, cerca di alzare la testa e ribellarsi alle leggi ferree di quell’epoca, addentrandosi nell’oscurità, desiderando di camminare al fianco del principe delle tenebre. In realtà la sua scelta non è decisa come quella della mia Yrden. È sempre combattuta tra l’essere un’umana perbene o vivere la propria libertà di scelta. Yrden è più forte, lei non ha preconcetti, non si fossilizza su ciò che deve fare. Lei è libera e tale vuole rimanere anche a costo di farsi del male. Yrden è l’evoluzione di Mina, come se lo spirito legato a quello di Vlad avesse preso coscienza di non poter in alcun modo esistere senza di lui.

Quali caratteristiche proprie del tuo carattere hai trasportato nei tuoi personaggi?

L’attaccamento al passato di Vlad è la caratteristica più importante del mio essere. Anche io guardo spesso indietro e soffro per ciò che ho perduto, mi torturo per non aver combattuto abbastanza. Allo stesso tempo la mente aperta di Mercy e la sua mancanza di paura verso l’ignoto fa parte di me. Come lei non vedo luci senza ombre e viceversa. Il mondo non è mai bianco o nero, ma un’infinita scala di grigi. È la regola che sta alla base della mia filosofia di vita e di tutta la produzione letteraria che ho alle spalle. Non credo nel male assoluto, come non credo nel bene senza macchia. Anche l’impulsività di Noah fa parte di me ed è davvero un bel problema gestirla.

Come hai scoperto di voler diventare una scrittrice?

Ho iniziato a scrivere per appuntare il mare infinito di pensieri che ho intesta. La mia fantasia galoppa a tutte le ore e devo razionalizzarla. È sempre stato così. Ho iniziato a scrivere poesie in inglese, ispirata dalle canzoni. Ero soltanto una ragazzina quindicenne che ascoltava musica gotica e si farciva la testa di fantasie su angeli, demoni, vampiri e non morti, legati agli umani da amori perduti. Un corso di scrittura teatrale fatto a scuola mi ha cambiato la vita. Da lì ho cominciato a far parlare i personaggi che avevo sempre immaginato tra loro e dopo dieci anni ho scritto il mio primo romanzo. Da allora non mi fermo più, sperimento generi nuovi e cerco di migliorare le mie capacità con un continuo esercizio. Da quando ho uno smartphone, scrivo nei luoghi e nei momenti più impensati. Chissà, forse è una malattia.

La tua reazione quando ti hanno comunicato che il tuo libro sarebbe stato pubblicato?

Quando Malia Delrai ha detto sì, ammetto di aver avuto un tuffo al cuore. Tenevo moltissimo a entrare nel suo team, perché sapevo che lei curava ogni dettaglio delle sue produzioni in maniera sbalorditiva. Mi sono sottoposta al primissimo editing e ho capito di avere tantissime cose ancora da imparare. Abbiamo lavorato spalla a spalla per diverso tempo e ne è uscita la versione raffinata e perfetta del mio figlio prediletto: Dracula. Love Never Dies. Quando ho visto la copertina del libro pronta, ho pianto dall’emozione e quando finalmente ho stretto tra le dita il cartaceo, ho capito di aver realizzato il mio sogno.

Quale capitolo hai amato di più scrivere, se ce n’è uno solo, e perché?

Il capitolo che ho amato sopra a tutti è il quarto: La rosa più rara che si sia mai degnata di sbocciare, perché c’è una scena molto intensa tra Vlad e Yrden, diciamo la prima che ho concepito prima di scrivere il romanzo. Al secondo posto si trova il capitolo nono, che parla del viaggio in Transilvania dei protagonisti. C’è una citazione al libro originale che non posso menzionare, purtroppo, che veramente ho adorato scrivere e c’è un po’ della mia esperienza. Gli occhi di Mercy, in quel momento, sono i miei quando nel 2012 vidi con i miei occhi la Transilvania.

Un’ultima domanda: cosa progetti di fare nel futuro? Libri che dobbiamo aspettare?

Continuerò a scrivere senza posa, questo è certo. Il progetto che sto sviluppando è un libro dedicato a Abraham Van Helsing. Narrerà la storia della leggenda del più grande cacciatore di vampiri partendo dalla sua giovinezza. Il libro uscirà il prossimo anno.

Io ti saluto augurandomi di rincontrarci presto, magari per il tuo prossimo libro!

 In bocca al lupo per tutto, davvero.

Ora ti lascio un po’ di spazio per parlare direttamente ai tuoi lettori. Dì loro tutto quello che vuoi.

Grazie mille per lo spazio e per la splendida intervista. È stato davvero un immenso piacere. Colgo l’occasione per ringraziare chi ha letto Dracula e chi lo leggerà. Senza i lettori noi scrittori non siamo nulla. Il nostro scopo è quello di trasmettere emozioni e devo dire di essere stata molto fortunata in questo senso. Il mio pubblico è bellissimo, caloroso, prezioso. Ancora una volta voglio esprimervi la più profonda gratitudine e farvi la promessa di proporvi tante altre storie.

Ricordiamo che su LettereRumorose è presente la recensione di Dracula. Love never dies!

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Dracula: Love Never Dies

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